S. Nicolò dei Mendicoli

Si sono fatte due ipotesi per spiegare la denominazione di questo quartiere della città: la più semplice vuole che derivi da Campo san Nicolò dei Mendicoli, un’altra da “Mendigola”, nome dell’isola sulla quale fu fondato.

Il quartiere era abitato da povera gente, in gran parte pescatori, detti Nicolotti, una delle due grandi frazioni che costituivano anticamente la città.

Cintura e berretto neri li distinguevano dai Castellani, che li portavano di colore rosso e abitavano all’estremità opposta della città.

C’erano grandi rivalità tra le due frazioni; una volta l’anno si disputava un combattimento a pugni nudi su quache ponte cittadino, con vere e proprie battaglie che duravano ore. Alla fine della sfida si contavano sempre una decina di vittime. Sul Ponte dei Pugni, verso san Barnaba restano ancora, a testimoniare tale usanza, le impronte in pietra bianca per stabilire le postazioni dei ontendenti.

Fino alla caduta della Repubblica i Nicolotti ebbero una autorità fittizia rappresentata dal Gastaldo. Designato da alcuni pescatori della zona, veniva eletto a porte chiuse nella chiesa di S. Nicolò, da un’assemblea di parrocchiani, alla presneza di un rappresentante della Signoria.

Nelle occasioni ufficiali il gastaldo vestiva un abito di seta, rosso scarlatto, di stoffa di lana e indossava parrucca e cappello da gentiluomo. Così abbigliato, il giorno seguente l’elezione, si recava a Palazzo Ducale per essere ricevuto dal Doge, seguito da una folla festante di Nicolotti.

Anticamente la zona era una via d’accesso alla città assai impotante; buona parte di quanto proveniva dalla terra ferma passava infatti da lì.  Il quartiere aveva il proprio stendardo, che inalberava insieme a quello della Repubblica, e si onorava del leone alato di san Marco, tuttora esiste sulla colonna all’estremità del campo, a fianco della chiesa.  Dedicata al patrono di Bari, protettre dei naviganti, essa era non solamente luogo di preghiera, ma anche punto di riferimento per quanto attendeva la vita civile e amministrativa della zona, come l’elezione del gastaldo dimostra.

LA CHIESA

La chiesa, una delle più antiche della città, sarebbe stata fondata nel VII secolo sulle fondamenta di un vecchio fortilizio da alcuni rifugiati padovani, in fuga dai barbari.

Ricostruita nel XII secolo, essendo stata danneggiata da due furiosi incendi nel 1106 e nel 1149, non ha cessato nei secoli di essere oggetto di rifacimenti importanti e radicali.

Dopo l’alluvione disastrosa del 1966, sono stati eseguiti complessi lavori di restauro sotto l’egida del “Venice in peril Fund”, per proteggere l’ edificio dall’acqua alta. Restaurata anche nel 2002-2003 grazie alla legge speciale per la salvaguardia di Venezia, la chiesa appare ora in tutto il suo splendore. Lavori recenti bne hanno messo in luce gli elementi più notevoli e caratteristici nel loro succedersi edilizio, mascherati in precedenza da restauri poco rispettosi.

La facciata principale conserva ancora resti delle costruzioni del XIII secolo: la minuscola bifora sulla parete centrale è dell’epoca, mentre il piccolo portico, ricostruito agli inizi del XX secolo utilizzando il più possibile materiali originali dell’epoca, risale al XV secolo. Alloggiava alcune religiose dette pizzocchere (bigotte) che vi trascorrevano lunghe ore in preghiera.

L’unico altro esempio di portale simile, si conserva alla chiesa di S. Giacometto a Rialto. Vicino al portico, si staglia il massiccio campanile, in stile veneto-bizantino, della fine del XII secolo.                                                                                                                                                                                    L’assetto della facciata rivela una chiesa a pianta basilicale, come si può notare all’interno, malgrado le modificazioni successive.

L’INTERNO

Presenta una navata con transetto, coro con abide e due cappelle laterali. L’insieme non manca di armonia, benchè frutto dei numerosi interventi e restauri sovrapposti nel corso dei secoli.                                                                                                                                                                                    La parte più antica ancora presente si può notare in questi elementi: abside con la cornice bizantina del XII secolo; colonne con grandi capitelli del XIV secolo (gli ultimi due datati 1361 e 1364);

soffitto ligneo completamente a vista e i piccoli pannelli laterali visibili solo nel transetto;

altro elemento i due archi ad ogiva del transetto, affrescati, di gusto popolare (XV secolo: questa parte ha subito profonde modifiche attorno al 1580).

LA NAVATA

Separata dal presbiterio dalla iconostasi bizantina, la navata è coperta da decorazioni lignee, da sculture dorate, tele, statue e motivi ornamentali: l’insieme produce un bell’effetto che è stato ripreso dalla chiesa dei Carmini.

Sopra l’iconostasi un grande Crocefisso ligneo con la Vergine, san Giovanni e due angeli posti lungo la cornice, ai due lati della Croce.

Sopra il portale principale, il grande organo della fine del XVI secolo, con il parapetto adornato da tre piccoli quadri dei Miracoli di S. Marta, dovuti a Carletto Caliari (1570-1596) della scuola di Paolo Veronese.

Nella navata, da entrambe le parti, si può ammirare una serie di bei quadri che illustrano scene della vita di Cristo, a sinistra: Natività, Adorazione dei Magi, Circoncisione, Battesimo di Cristo, Cristo nel giardino degli olivi, e Il bacio di Giuda di Alvise dal Friso (1554-1609),

a destra: Cristo davanti a Pilato , La flagellazione, Cristo e la Veronica, Crocefissione e Deposizione di Alvise dal Fristo e quindi Resurrezione di Jacopo Palma il giovane (1554-1628).

Il soffitto è piatto, diviso in pannelli, Nel medaglione San Nicola in gloria di Francesco Montemezzano (XVI secolo); nei pannelli laterali San Nicola che abbatte un albero eretto dai pagani e San Nicola mente salva alcuni marinai di Leonardo Corona (XVI secolo) alla maniera di Veronese.

Parte destra: cappella di San Niceta, altare rinascimentale di marmo lavorato. Sull’altare: teca con le reliquie del Santo, sulle tavolette: Scene della vita del Santo (scuola veneziana del XVI secolo).

Cappella del Santissimo: interamente ricostruita nel XVII secolo, èimpreziosita da stucchi e affreschi nella volta e nelle lunette.

IL TRANSETTO

Cappella laterale destra: nicchia ospitante la statua di Sant’Antonio da Padova; nella volta Assunzione, affresco del 1630 in cattivo stato.

Coro con abside (veneto-bizantino del secolo XII), coperto di affreschi, anch’essi molto rovinati; nel fondo, due Allegorie in terra di Siena.

Sull’arco, Dio in maesta’ e Annunciazione di Alvise dal Friso; nel cupolino dell’abside Angeli in gloria, affresco ridipinto nel XVIII secolo.

Sull’altare maggiore una grande nicchia ospita San Nicolo’ benedicente, statua lignea dorata, masiccia scultura gotica della scuola di Bartolomeo Bon (meta’ del XV secolo).

Cappella laterale sinistra: piccola immagine della Vergine; il basorilievoin prospettiva Due angeli adoranti, imitazion di scuola lombarda, risale al XVI secolo.

Uscendo dal portone laterale, si vede, sopra all’entrata del presbiterio, un bassorilievo del XVI secolo: Santo benedicente.

In una stanzetta addossata al muro absidale, in alto, è stato recentemente ritrovato un affresco anonimo, probabilmente del XIV secolo: Crocifissione di Cristo tra due angeli, la Vergine e i santi Giovanni, Pietro e Marco.

ORARI DI APERTURA DELLA CHIESA:

da lunedì a sabato     10:00  –  12:00      15:00  –  17:30

domenica e festivi        9:00  –  12:00

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